Ipertrofia prostatica benigna: cos’è, cause, sintomi, trattamento e gestione

27 Aprile 2021

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Che cos’è l’ipertrofia prostatica benigna

Per ipertrofia prostatica benigna si intende la crescita non maligna del tessuto prostatico.

È stato dimostrato che la prevalenza della malattia aumenta con l’avanzare dell’età.

Infatti, la prevalenza istologica dell’ipertrofia prostatica benigna all’autopsia va dal 50% al 60% per i maschi di 60 anni, aumentando dall’80% al 90% di quelli di età superiore ai 70 anni.

Ruolo degli ormoni nell’ipertrofia prostatica benigna

L’eziologia dell’ipertrofia prostatica benigna è influenzata da un’ampia varietà di fattori di rischio oltre agli effetti ormonali diretti del testosterone sul tessuto prostatico.

Sebbene non causino direttamente l’ipertrofia, gli androgeni testicolari giocano un ruolo cruciale nel suo sviluppo.

Infatti, il diidrotestosterone (DHT) interagisce direttamente con l’epitelio prostatico e lo stroma. Nello specifico, il testosterone prodotto nei testicoli, viene convertito in diidrotestosterone (DHT) dalla 5-alfa-reduttasi 2 nelle cellule stromali della prostata e rappresenta il 90% degli androgeni prostatici totali.

Il DHT ha effetti diretti sulle cellule stromali, effetti paracrini nelle cellule prostatiche adiacenti ed effetti endocrini nel flusso sanguigno. Inoltre, influenza sia la proliferazione cellulare che l’apoptosi (morte cellulare).

L’ipertrofia prostatica benigna si sviluppa per via della perdita dell’omeostasi tra proliferazione cellulare e morte cellulare. Si ha così uno squilibrio che favorisce la proliferazione cellulare. Ciò si traduce in un aumento del numero di cellule epiteliali e stromali nell’area periuretrale della prostata che può essere osservato istopatologicamente.

Quali sono i fattori di rischio nell’insorgenza dell’ipertrofia prostatica

Tra i fattori di rischio abbiamo:

  • La sindrome metabolica. Ovviamente, ci si riferisce ad una condizione che include l’ipertensione, l’intolleranza al glucosio/insulino-resistenza e la dislipidemia. Diversi studi hanno dimostrato che i pazienti affetti da sindrome metabolica e obesità hanno volumi prostatici significativamente più alti. Inoltre, ulteriori studi effettuati su uomini con livelli elevati di emoglobina glicosilata (Hba1c) hanno dimostrato un aumento del rischio di LUTS (acronimo inglese che indica i sintomi del tratto urinario inferiore ovvero un gruppo di sintomi clinici che coinvolgono la vescica, lo sfintere urinario, l’uretra e la prostata).
  • Obesità. È stato dimostrato che l’obesità è associata ad un aumento del rischio di ipertrofia prostatica benigna negli studi osservazionali. Ancora la causa esatta non è chiara ma è probabile che sia di natura multifattoriale poiché l’obesità costituisce un aspetto della sindrome metabolica. Nello specifico, i meccanismi proposti includono un aumento dei livelli di infiammazione sistemica e un aumento dei livelli di estrogeni.
  • Predisposizione genetica. È stata dimostrata in studi di coorte. In particolare si è visto che i parenti di primo grado presentano un aumento di quattro volte del rischio di sviluppare l’ipertrofia rispetto al controllo. Questi risultati sono coerenti con quelli ottenuti negli studi sui gemelli che hanno esaminato la gravità dell’ipertrofia prostatica, con tassi più elevati di LUTS osservati nei gemelli monozigoti.

Cosa provoca l’insorgenza dei sintomi e quali sono

Gli uomini con ipertrofia prostatica benigna solitamente riferiscono come sintomi predominanti la nicturia (bisogno di urinare durante la notte), scarso flusso urinario, esitazione o minzione prolungata.

Sia lo sviluppo dei sintomi del tratto urinario inferiore che l’ostruzione del deflusso vescicale possono essere attribuiti a due componenti:

  • Statica. L’ostruzione statica è una conseguenza diretta dell’aumento di volume della prostata che va a provocare una compressione periuretrale e un’ostruzione del deflusso vescicale. La compressione periuretrale fa sì che siano necessarie pressioni di svuotamento crescenti per vincere la resistenza al flusso; inoltre, l’aumento di volume della prostata distorce l’uscita della vescica causando un’ostruzione al flusso.
  • Dinamica. L’aumento di volume della ghiandola prostatica fa sì che si sviluppi una certa tensione nella muscolatura liscia della prostata (da qui l’uso di inibitori della 5-alfa reduttasi per ridurre il volume della prostata e alfa-bloccanti per rilassare la muscolatura liscia). Ciò è spiegato dalla diminuzione dell’elasticità e del collagene nell’uretra prostatica. Tutto ciò va ulteriormente ad esacerbare l’ostruzione del deflusso vescicale a causa della perdita di compliance e dell’aumentata resistenza al flusso e può spiegare perché le dimensioni della prostata da sole non sono sempre un predittore di malattia.

Come si fa la diagnosi

Per prima cosa occorre rivolgersi ad un urologo che esegue l’esame obiettivo e che include l’esame addominale (la ricerca di un dolore palpabile alla vescica o a livello lombare) e l’esame dei genitali esterni (stenosi o fimosi del meato). L’esame dovrebbe quindi concludersi con un esame rettale digitale prendendo nota in particolare delle dimensioni, della forma (quanti lobi) e della consistenza (liscia/dura/nodulare) della prostata (l’ipertrofia prostatica benigna è caratterizzata da una prostata ingrossata liscia).

Altri esami che si possono eseguire sono:

  • Analisi del sangue. Gli esami del sangue, inclusi i test di funzionalità renale (ad esempio la creatininemia), sono utili per stabilire la funzionalità renale di base e possono aiutare a supportare la diagnosi di insufficienza renale/danno renale acuto in soggetti con ritenzione cronica o ritenzione acuta;
  • Analisi delle urine. Il test su campioni di urina può aiutare a rilevare infezioni, ematuria non visibile o disturbi metabolici (glicosuria). Leucociti e nitriti sono reperti comuni nelle infezioni; la presenza di proteinuria può indicare patologie nefrologiche;
  • Antigene prostatico specifico (PSA). È stato dimostrato che il test dell’antigene prostatico specifico è in grado di quantificare orientativamente il volume della prostata. Bisogna ricordare però che il PSA può aumentare in una vasta gamma di condizioni (come per esempio prostata di grandi dimensioni, infezione, cateterismo, cancro alla prostata) quindi è meglio dosarlo solo se vi sono circostanze specifiche.

Esami strumentali per diagnosticare l’ipertrofia prostatica benigna

Finora abbiamo visto gli esami ematochimici da fare per diagnosticare una eventuale ipertrofia prostatica benigna, ma ci sono anche esami strumentali che sono anche più importanti perché dirimenti rispetto alle analisi del sangue.

  • Volume residuo post-minzione (valuta se la vescica è stata svuotata correttamente) e studi di flusso. Vengono utilizzati per determinare il volume di urina emesso nel tempo. Questo può aiutare a stabilire se ci sono prove oggettive per l’ostruzione al flusso. Gli studi urodinamici vengono utilizzati per vedere come la vescica si svuota e si riempie. Possono aiutare a valutare ulteriormente i pazienti in cui la diagnosi non è certa o in cui si sospetta una vescica neurogena/iperattiva (cioè condizioni neurologiche che possono influenzare la vescica, studi di flusso equivoci, diagnosi non chiara);
  • Ultrasuoni. Le scansioni ecografiche vengono utilizzate per cercare prove di idronefrosi e sono indicate in pazienti con volumi residui elevati o insufficienza renale. Altre indicazioni includono il sospetto di calcoli del tratto urinario o l’indagine sull’ematuria;
  • Cistoscopia. La cistoscopia flessibile deve essere utilizzata per indagare i sintomi che possono far sospettare il cancro come l’ematuria visibile o il sospetto di cancro alla vescica e può anche essere utilizzata per cercare stenosi uretrali, che possono anche provocare scarso flusso/studi sul flusso urinario ridotto;
  • IPSS (punteggio internazionale dei sintomi della prostata). L’IPSS (International Prostate Symptom Score) è un indice che stratifica i pazienti in tre gruppi sulla base dei sintomi. Lievi (0-7), moderati (8-19) e gravi (20-35). Quelli con sintomi più gravi hanno meno probabilità di beneficiare di misure mediche conservative e avranno bisogno dell’intervento chirurgico;

Infine abbiamo:

  • Grafico frequenzavolume;
  • Questionari.

Trattamento/gestione della Ipertrofia prostatica benigna

Le opzioni terapeutiche sono varie e dipendono dalla gravità della sintomatologia del paziente. Tra queste abbiamo:

  • Vigile attesa: il paziente si deve sottoporre a controlli clinici e strumentali periodici. Si forniscono inoltre consigli sullo stile di vita come per esempio la perdita di peso, la riduzione dell’assunzione di caffeina o la riduzione dell’assunzione di liquidi la sera, evitare la stitichezza per cercare di ridurre i fattori di rischio e migliorare le LUTS. I pazienti devono essere sicuramente coinvolti nella discussione e informati sui rischi di progressione della malattia. La progressione clinica ha dimostrato di essere intorno al 31% in uno studio osservazionale, con il 5% che sviluppa ritenzione urinaria acuta. Queste misure possono essere applicate nei pazienti che presentano sintomi lievi (IPSS <7);
  • Terapia medica: sia i componenti statici che quelli dinamici contribuiscono allo sviluppo dell’ipertrofia prostatica benigna, come già detto. La terapia medica mira ad affrontare entrambe queste componenti;
  • Terapia chirurgica: laddove la terapia medica non sortisse effetti si può ricorrere a quella chirurgica.

Farmaci per l’ipertrofia prostatica benigna

La prima mossa per contrastare l’ipertrofia prostatica benigna è l’impiego dei farmaci che sono suddivisi in:

  • Alfa-bloccanti. Gli alfa 1-adrenorecettori sono presenti sulla muscolatura liscia stromale della prostata e sul collo vescicale. In particolare, il blocco dei recettori alfa 1-adrenergici provoca il rilassamento della muscolatura liscia stromale e quindi migliora il flusso. Tra gli alfa-bloccanti selettivi abbiamo la tamsulosina (400 mcg una volta al giorno) e l’alfuzosina (10 mg una volta al giorno).
  • 5 inibitori dell’alfa reduttasi. Gli inibitori dell’alfa reduttasi come la finasteride (5 mg una volta al giorno) e la dutasteride bloccano la conversione del testosterone in DHT. Questo affronta la componente statica dell’ipertrofia prostatica benigna e richiede diverse settimane per mostrare un miglioramento notevole, con sei mesi necessari per la massima efficacia. Grazie a questi farmaci si riesce a ridurre il PSA del 50% e il volume della prostata può diminuire fino al 25%. È stato dimostrato inoltre che questa terapia riesce a rallentare la progressione della malattia.
  • Antimuscarinici. Alcuni pazienti possono sviluppare un’instabilità del detrusore vescicale che va a provocare un peggioramento dell’ostruzione del deflusso vescicale. Ciò può comportare una maggiore urgenza (vescica iperattiva) e frequenza alla minzione. Gli antagonisti dei recettori muscarinici vanno a bloccare i recettori muscarinici sul muscolo detrusore. Questo riduce il tono della muscolatura liscia e può migliorare i sintomi. Tra questi farmaci abbiamo per esempio la solifenacina, la tolterodina e l’ossibutinina.

Peraltro nella pratica, si utilizza spesso la combinazione tra un alfa-bloccante e un inibitore dell’alfa-reduttasi per ottenere miglioramenti nei sintomi della minzione. Ciò è supportato da studi che confermano l’efficacia della terapia di combinazione rispetto alla monoterapia.

Chirurgia

In alcuni casi la terapia farmacologia non sortisce gli effetti voluti e pertanto, è necessario ricorrere alla chirurgia. Le linee guida dell’ipertrofia prostatica benigna come delineate dalla European Association of Urology (EAU) consigliano la chirurgia in presenza di:

  • Ritenzione urinaria refrattaria alla terapia;
  • Infezioni urinarie ricorrenti;
  • Ematuria refrattaria al trattamento medico (altre cause escluse);
  • Insufficienza renale;
  • Calcoli vescicali;
  • Aumento del residuo post-minzionale;
  • Ritenzione cronica ad alta pressione (indicazione assoluta).

La gestione chirurgica dell’ipertrofia prostatica benigna si è notevolmente ampliata nel corso degli anni con lo sviluppo di ulteriori tecniche mininvasive. Le procedure consigliate includono l’incisione transuretrale della prostata, la resezione transuretrale della prostata, oltre a tecniche più recenti come la vaporizzazione laser e l’enucleazione laser all’olmio, che hanno ampiamente sostituito la prostatectomia a cielo aperto. Le opzioni di gestione chirurgica sono descritte di seguito.

TURP/TUIP

La chirurgia di resezione transuretrale, principalmente, si concentra sul debulking della prostata per produrre un canale adeguato per il flusso dell’urina. A conti fatti, ciò lo si ottiene utilizzando la diatermia per produrre una corrente ad alta frequenza che consente il taglio del tessuto. Resecando tutto il tessuto prostatico che ostruisce, è possibile creare un canale adeguato per consentire il flusso dell’urina.

Ultimamente, la diatermia bipolare ha ampiamente sostituito le tecniche di diatermia monopolare per TURP, con maggiori benefici come la resezione in soluzione salina e il rischio ridotto di “sindrome TURP”.

HOLEP

In precedenza, la prostatectomia a cielo aperto consentiva la rimozione o l’enucleazione dell’adenoma dalla sua capsula era la prassi. Oggi la stessa cosa può ora essere ottenuta con l’enucleazione laser, denominata HoLEP (enucleazione laser a olmio della prostata).

Ultimamente, una meta-analisi ha mostrato un miglioramento del Qmax (portata), una riduzione del residuo post-minzionale e un maggiore abbassamento dell’IPSS rispetto al trattamento TURP. Inoltre si è visto che si hanno meno complicazioni rispetto alla TURP. L’unica limitazione di questa tecnica è che per metterla in pratica sono necessarie attrezzature specializzate che la rendono quindi meno disponibile facilmente.

Urolift

Sono stati sviluppati anche approcci che risparmiano i tessuti, come l’Urolift. Questa tecnica può aiutare a ridurre al minimo il rischio di sanguinamento nei pazienti con comorbilità.

Inoltre, diminuisce i rischi che si associano ad un intervento chirurgico più invasivo (come il rischio di anestesia, tempi di intervento prolungati, ecc.). Comprimendo i lobi della prostata, è possibile allargare il canale nell’uretra prostatica, migliorando le LUTS. Diversi studi ne hanno dimostrato i benefici, come per esempio le funzioni sessuali preservate e il miglioramento dei punteggi IPSS e della velocità di flusso (QMax).

Diagnosi differenziale

Ovviamente, vi sono diverse condizioni che è necessario distinguere dall’ipertrofia prostatica benigna. Tra queste abbiamo:

  • Condizioni da bandiera rossa: Si tratta di patologie che destano particolare preoccupazione e che è necessario distinguere dall’ipertrofia prostatica benigna. Si tratta del cancro alla vescica o alla prostata, della cauda equina (può presentarsi con ritenzione acuta), della ritenzione cronica ad alta pressione (presentazione insidiosa o con insufficienza renale acuta).
  • Altre condizioni. Inoltre, abbiamo le infezioni del tratto urinario o le infezioni a trasmissione sessuale, la prostatite, la vescica neurogena (può essere secondaria a Parkinson, sclerosi multipla, ecc.), i calcoli delle vie urinarie (calcoli vescicali), la stenosi uretrale.

Complicazioni

Complicazioni comuni:

  • Ritenzione urinaria. Studi internazionali hanno dimostrato che l’ipertrofia prostatica causa oltre i due terzi dei casi di ritenzione urinaria acuta. Il 15% di coloro che soffrono di ritenzione urinaria acuta sperimentano un altro episodio in futuro, con il 75% che richiede un intervento chirurgico.
  • Ritenzione cronica. Gli uomini con ipertrofia prostatica possono anche sviluppare ritenzione cronica. Si tratta di solito di ritenzione cronica di alta pressione dovuta alle elevate pressioni esercitate dal muscolo detrusore a causa dell’ostruzione del flusso. A causa dell’incapacità di svuotare completamente la vescica, la pressione al suo interno può aumentare. Tutto ciò può provocare idronefrosi e deterioramento della funzione renale fino ad arrivare all’insufficienza renale. In questi sottogruppi di pazienti è, quindi necessario effettuare il cateterismo e un intervento chirurgico urgente per alleviare l’ostruzione (TURP).
  • Infezione delle vie urinarie. Si verifica a causa dello svuotamento incompleto della vescica e della presenza di urina stagnante.
  • Ematuria. Si tratta di una complicanza comune nell’ipertrofia prostatica benigna. Si verifica infatti un aumento della vascolarizzazione che può provocare la comparsa di sanguinamento. È stato dimostrato che la finasteride riduce la densità dei vasi e può aiutare a gestire l’ematuria correlata all’ipertrofia prostatica benigna.
  • Calcoli vescicali.

Altre complicazioni possono insorgere a seguito del cateterismo per la gestione della LUTS nell’ipertrofia prostatica benigna e includono:

  • Complicanze del catetere a lungo termine (cateteri bloccati, ritenzione, ematuria, infezione delle vie urinarie);
  • Ritenzione urinaria.

Che fare?

Sicuramente è molto importante affrontare i fattori di rischio modificabili come per esempio lo stile di vita, la perdita di peso, la riduzione dell’assunzione della caffeina e il miglioramento del controllo del diabete.

Pertanto, tutto ciò può aiutare a ridurre il rischio di doversi sottoporre all’intervento chirurgico in futuro. Se il paziente è gestito con cateteri a lungo termine o autocateterismo intermittente è fondamentale il mantenimento di una buona igiene e bisogna avere particolare cura del catetere per prevenire le infezioni del tratto urinario.

Bibliografia

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