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Prevenzione primaria del cancro al seno: cosa è meglio mangiare per prevenire il cancro?

Il cancro al seno rappresenta il 29% dei tumori nelle donne. La prevenzione primaria prevede la riduzione dei fattori di rischio modificabili, come l’obesità, lo stile di vita sedentario e la dieta sregolata. Nel nostro articolo sintetizzeremo le evidenze scientifiche prodotte negli ultimi 15 anni relative all’associazione nutrizione/cancro al seno.

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Abitudini dietetiche e cancro al seno

I risultati dell’indagine EPIC (European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition) del 2011 hanno messo in evidenza che il 5% dei casi di cancro al seno si può attribuire al consumo di alcol. Numerosi studi hanno affrontato anche il ruolo di molti altri alimenti, riportando talvolta risultati divergenti.

Ad esempio, secondo l’indagine EPIC, una dieta ricca di grassi saturi è associata a un rischio più elevato di cancro positivo agli estrogeni e al progesterone, con un rapporto di rischio significativamente più alto. Risultati simili sono emersi da uno studio svedese, in cui un elevato consumo di grassi nella dieta sembrava portare a un aumento significativo del rischio di sviluppare il tumore alla mammella. La carne rossa e le proteine ​​animali sono associate ad un aumento del rischio di malattie neoplastiche: Jansen ha suggerito che il loro consumo in grandi quantità anticipa il menarca, e questo è riconosciuto come fattore di rischio e predittore di cancro al seno.

Pertanto si può affermare che una maggiore assunzione di carne totale, o carni rosse o lavorate, o di alimenti con un alto indice glicemico, o uova si associa a un rischio più elevato di cancro.

Diversi studi epidemiologici hanno dimostrato che il consumo di prodotti a base di soia invece è correlato a una minore incidenza di tumori associati agli ormoni, tra cui il tumore alla mammella, grazie alle proprietà degli isoflavoni e dei fitoestrogeni. Una meta-analisi ha dimostrato inoltre un’associazione inversa tra il cancro al seno e il consumo di agrumi e funghi.

Sembrano ridurre il rischio anche il calcio, l’acido folico, la vitamina D, i lignani e i carotenoidi. Per quanto riguarda invece l’esposizione ad altri elementi della dieta (acidi grassi polinsaturi, latticini), le prove sono ancora contrastanti.

Dieta occidentale e dieta mediterranea

La dieta occidentale comporta un elevato apporto di zuccheri raffinati, grassi saturi e alcol. Molti studi hanno dimostrato che questo regime dietetico si associa fortemente ad un aumento del rischio di cancro al seno.

Influenza infatti i processi infiammatori, induce un aumento dell’adiposità e la produzione di fattori di crescita e ormoni (estrogeni e testosterone). Principali incriminate, come già accennato, sono le carni rosse. Oltre al relativo apporto di grassi, vari altri fattori sembrano essere coinvolti nel potenziale cancerogeno delle carni rosse e lavorate:

  • La presenza di agenti cancerogeni o dei loro precursori (idrocarburi policiclici aromatici, ammine aromatiche eterocicliche, nitrosammine) prodotti da trattamenti come la cottura, la salatura o l’affumicatura;
  • Un elevato apporto di proteine ​​animali, con un potenziale aumento dei livelli del fattore di crescita insulino-simile (IGF);
  • Residui ormonali contenuti nella carne proveniente da allevamenti intensivi;
  • Il fatto che la fermentazione intestinale delle proteine ​​animali aumenti la concentrazione di alcune poliammine, fondamentali per la proliferazione cellulare.

È emersa anche un’associazione significativa tra il consumo di uova e un rischio più elevato di cancro al seno. Il meccanismo più plausibile alla base del potenziale cancerogeno delle uova potrebbe essere correlato al loro alto contenuto di colesterolo (425 mg per 100 g), data la dose giornaliera raccomandata di 300 mg. Il colesterolo è un precursore degli ormoni steroidei, quindi può influenzare l’attività degli estrogeni e contribuire all’infiammazione cellulare, una componente cruciale nella progressione del processo neoplastico.

Tuttavia, alcune prove indicano che l’associazione tra uova e cancro al seno non è necessariamente dovuta solo al colesterolo: quando fritte ad alte temperature, le uova diventano anche una fonte di ammine eterocicliche e diversi componenti cancerogeni, quindi la loro attività cancerogena aumenta in alcune condizioni (cottura ad alte temperature e con olio inadeguato).

D’altra parte diversi studi hanno dimostrato invece che la dieta mediterranea ha un ruolo protettivo. La ricerca ha evidenziato che questo tipo di dieta è ricca di antiossidanti, che inibiscono la sintesi e l’attività dei fattori di crescita, principali responsabili dello sviluppo delle cellule tumorali. Una meta-analisi recente relativa al cancro al seno insorto nel periodo postmenopausale ha rilevato un’associazione inversa tra dieta mediterranea e rischio neoplastico.

Ciò indica che la dieta mediterranea può essere utilizzata come misura primaria di prevenzione del cancro al seno specialmente nelle donne in postmenopausa. Alcuni autori hanno inoltre affermato che l’equilibrio calorico, il controllo dell’adiposità e l’esercizio fisico sono importanti anche per la prevenzione del cancro alla mammella, così come la composizione e la qualità della dieta.

La dieta mediterranea sembra anche avere un’influenza benefica contro il rischio di cancro al seno indipendentemente dal peso e dall’indice di massa corporea. La letteratura ha dimostrato che questo tipo di dieta poiché è caratterizzata dalla presenza abbondante di fibra alimentare ha molteplici effetti protettivi.

La fibra infatti inibisce il riassorbimento intestinale degli estrogeni e modula i livelli di colesterolo e il rilascio di glucosio, riducendo così il rischio di tumore alla mammella. L’effetto protettivo di frutta e verdura invece sembra essere legato al loro alto contenuto di sostanze benefiche (vitamine, minerali, salicilati, fitosteroli, glucosinolati, polifenoli, fitoestrogeni, solfuri, lectine, ecc.), che svolgono un’azione antiossidante, prevenendo l’attivazione di molti agenti cancerogeni, sopprimendo le mutazioni spontanee e proteggendo le strutture cellulari e il DNA dal danno ossidativo generato dai processi metabolici.

Le verdure a foglia sono ricche di luteina, zeaxantina, folati, vitamina A e carotenoidi, che sono antiossidanti e anche in grado di regolare il metabolismo degli estrogeni e inibire la crescita del tumore. La frutta è anti-cancerogena grazie alle sue proprietà antiossidanti; questo è particolarmente vero per i frutti rossi, che contengono acido ellagico, quercitina e antociani. Queste sostanze stimolano i meccanismi alla base dell’eliminazione delle sostanze tossiche, inibiscono l’angiogenesi, riducono l’infiammazione e promuovono i meccanismi di apoptosi cellulare.

Alcune sostanze derivate dai funghi, come i polisaccaridi, sono note per le loro proprietà antitumorali e immunomodulatorie, per il potenziamento dell’attività del sistema immunitario e per la protezione dalle recidive tumorali.

Gli effetti della soia, dei latticini e degli agrumi

Molto interessanti sono gli studi relativi ai benefici della soia e derivati. Diverse evidenze infatti sottolineano l’effetto protettivo della soia nella dieta contro il rischio di sviluppare il cancro al seno specialmente tra le donne in postmenopausa.

I fitoestrogeni sono sostanze strutturalmente e funzionalmente naturali simili all’estradiolo, con un’attività estrogenica simile. L’evidenza indica un rischio di cancro alla mammella inferiore nei consumatori di alimenti contenenti soia e fitoestrogeni, in particolare nelle popolazioni asiatiche e nelle donne in postmenopausa.

L’effetto protettivo di questi alimenti è dovuto all’azione agonista o antagonista contro gli estrogeni nel tessuto mammario, riducendo i livelli ematici di estradiolo e di conseguenza anche il rischio di recettori estrogeni positivi (ER +)/recettori progesterone positivi (PR +).

Infine poniamo particolare attenzione al consumo di latticini magri. Quest’ultimi si associano a un minor rischio di cancro al seno, probabilmente a causa dell’effetto protettivo della vitamina D e del calcio. Il tessuto mammario ha recettori per la forma biologicamente attiva della vitamina D, calcitriolo 1,25(OH)2D, che sembra essere in grado di controllare direttamente e indirettamente più di 200 geni, inclusi quelli responsabili della proliferazione cellulare, differenziazione cellulare maligna, apoptosi e angiogenesi.

Sottolineiamo però che alcuni studi hanno evidenziato che il consumo eccessivo di prodotti lattiero-caseari possono provocare un aumento dei livelli di ormoni estrogeni, che può stimolare la proliferazione neoplastica nel cancro al seno associato alle mutazioni di BRCA. Inoltre, il latte va ad aumentare i livelli ematici di fattori di crescita che in associazione ad una dieta ricca di proteine ​​animali provoca l’aumento dei livelli sierici di IGF-1, che sono fortemente associati a un maggior rischio di cancro al seno.

Il consumo di agrumi, ricchi di vitamina C, β-carotene, quercitina e folato, sembra avere invece un impatto molto positivo sulla salute grazie alle proprietà antiossidanti, immunostimolanti, disintossicanti e alla capacità di modulare la sensibilità all’insulina. Diversi studi hanno dimostrato che il rischio di sviluppare il tumore alla mammella è inferiore del 10% nelle donne che hanno consumato grandi quantità di agrumi.

Gli effetti dei carotenoidi, dei flavonoidi e dell’acido folico

È stata dimostrata una significativa associazione inversa tra il rischio di cancro alla mammella e il consumo di carotenoidi, che hanno proprietà antiossidanti. Questi composti, in particolare i β-caroteni, sono in grado di legare ed eliminare i radicali liberi e riparare i danni al DNA, inibire la proliferazione cellulare, indurre l’apoptosi e sopprimere l’angiogenesi.

È stato riconosciuto che i flavonoidi hanno un ruolo nella protezione e nella prevenzione delle malattie non trasmissibili, e in particolare delle neoplasie, grazie alla loro potente attività antiossidante e riparatrice del DNA.

L’acido folico è necessario per tutte le reazioni di sintesi, riparazione e metilazione del DNA, quindi la carenza di folati nella dieta può influire negativamente sulla divisione cellulare e sui meccanismi di riparazione del DNA. Tuttavia, diversi studi riportano risultati incoerenti sull’associazione tra acido folico e cancro al seno.

Carboidrati e tumore alla mammella

Gli alimenti ad alto indice glicemico, come gli zuccheri semplici, i carboidrati raffinati e gli amidi, inducono un rapido aumento della glicemia e di conseguenza stimolano la produzione di insulina. Alti livelli di insulina causano la produzione di IGF-1 e testosterone, che sono riconosciuti come fattori di rischio per il cancro al seno. Inoltre, l’iperinsulinemia cronica e l’insulino-resistenza hanno un ruolo chiave nello sviluppo del cancro al seno in quanto induce la produzione di IGF-1, che è in grado di causare cambiamenti mutageni.

Stili di vita, obesità ed esercizio fisico

L’obesità e il sovrappeso, insieme alla mancanza di esercizio, sono fattori di rischio importanti nell’insorgenza del cancro alla mammella. Una dieta ricca di grassi saturi aumenta anche la sintesi degli estrogeni, portando ad un aumento della proliferazione cellulare e di conseguenza ad un più alto rischio di cancro.

D’altra parte, gli acidi grassi polinsaturi (PUFA) possono avere invece un ruolo nel ridurre il rischio di cancro al seno, sebbene alcuni studi abbiano trovato risultati controversi. Una possibile spiegazione della discrepanza dei risultati riguarda il fatto che i due studi che hanno riscontrato un effetto protettivo degli acidi grassi polinsaturi contro il cancro al seno hanno esaminato specificamente l’assunzione di acidi grassi polinsaturi n-3/n-6 e acidi grassi polinsaturi n-3 marini.

Al contrario, nei due studi che hanno dato un risultato opposto, non è stata esaminata l’associazione tra cancro e i sottotipi di acidi grassi polinsaturi. La famiglia degli acidi grassi polinsaturi n-3 compete per la stessa via metabolica con la famiglia degli acidi grassi polinsaturi n-6, che è associata alla proliferazione cellulare nel tessuto mammario.

La famiglia n-3 riduce l’infiammazione, controlla i livelli di trigliceridi e quindi riduce il rischio di cancro al seno attraverso diversi meccanismi, ovvero, alterando la composizione delle membrane cellulari fosfolipidiche, inibendo il metabolismo dell’acido arachidonico (ARA) e la produzione di molecole pro-infiammatorie, e modulando l’espressione e la funzione di vari recettori, fattori di trascrizione e molecole di segnalazione.

Gli acidi grassi polinsaturi n-3 di origine marina sembrerebbero avere un effetto protettivo contro lo sviluppo del tumore al seno, in particolare nelle donne in postmenopausa, mentre gli acidi grassi polinsaturi n-6 contribuiscono ai meccanismi cancerogeni con la produzione di eicosanoidi pro-infiammatori, come la prostaglandina E2 , che è implicata nei processi angiogenici e nella soppressione dell’apoptosi delle cellule tumorali.

Conclusioni

In conclusione possiamo affermare che la nutrizione è uno degli aspetti più modificabili dello stile di vita e le scelte nutrizionali possono influire sulla salute e sul rischio di cancro.

A tal proposito il terzo rapporto del World Cancer Research Fund mette in evidenza quanto segue:

  • il consumo di verdure non amidacee potrebbe ridurre il rischio di cancro al seno negativo ai recettori degli estrogeni (ER-);
  • consumare cibi contenenti carotenoidi o adottare diete ricche di calcio potrebbe ridurre il rischio di cancro al seno sia nelle donne in premenopausa che in postmenopausa;
  • il consumo di latticini potrebbe ridurre il rischio di tumore alla mammella, ma solo nelle donne in premenopausa.

Anche altri alimenti e sostanze nutritive, tra cui soia, acido folico, vitamina D e lignani, sembrano essere inversamente associati con il cancro al seno.

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