Assunzione di farmaci scaduti. Ci sono rischi?
9 Settembre 2024
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A quasi tutti è capitato almeno una volta nella vita di frugare nel proprio armadietto dei medicinali, alla ricerca di una panacea, in un momento di malessere, e di fermarsi a guardare dubbiosamente la confezione di un farmaco – magari quello corretto – ma con la data di scadenza già passata.
Quante volte ci siamo chiesti: ” Cosa succede se si prende un farmaco scaduto?” o “Quanto tempo dopo la scadenza si possono usare i medicinali?”
Il dubbio è naturale: sappiamo tutti che i medicinali non vanno presi alla leggera.
Ma l’assunzione di un farmaco scaduto può avere implicazioni cliniche? Può portare ad esempio ad una reazione allergica come ad esempio l’orticaria oppure a un’intossicazione, un ictus o un infarto? O forse è meno pericoloso di quanto si possa ipotizzare?
Quanto costa smaltire i farmaci scaduti?
Gli ultimi decenni sono stati caratterizzati dall’aumento di malattie soprattutto croniche e, di conseguenza, dall’aumento delle prescrizioni mediche, che talvolta diventano persino eccessive.
L’incremento dei costi medi di conservazione e smaltimento dei farmaci scaduti, stimato in miliardi di dollari, ha spinto a condurre numerosi studi su di essi. Tutto ciò al fine di per testare la sicurezza e l’efficacia dei medicinali dopo la naturale scadenza riportata sulla loro confezione.
La Consumer Healthcare Products Association ha segnalato che le vendite al dettaglio di farmaci da banco (OTC) negli Stati Uniti sono raddoppiate tra il 2008 e il 2018.
Inoltre, la Variant Market Research, una società di data mining e analisi delle informazioni, ha stimato che il mercato OTC universale dovrebbe crescere da 125 miliardi di USD nel 2016 a 273 miliardi di USD entro Dicembre 2024. Di queste, solo una frazione viene utilizzata mentre la maggior parte alla fine sarà inutilizzata e/o scaduta. In senso economico, questi rifiuti comportano una massiccia perdita di risorse finanziarie. Uno studio trasversale condotto nel 2001 ha riportato che il valore dei farmaci inutilizzati generati dai soli anziani degli Stati Uniti è stimato in oltre 1 miliardo di dollari all’anno.
Che cos’è la data di scadenza di un farmaco
Quella comunemente indicata come data di scadenza è l’ultima data in cui il produttore può ancora garantire la piena potenza e sicurezza del farmaco. La maggior parte dei prodotti farmaceutici scade dopo due o tre anni e il produttore sconsiglia di utilizzarli dopo la loro data di scadenza.
Il concetto di scadenza per i medicinali è nato oltre 40 anni fa, nel 1979, quando l’autorità sanitaria degli Stati Uniti, la Food and Drug Administration (FDA), chiese ai produttori di fissare una data limite per l’uso dei farmaci per garantirne la sicurezza e l’efficacia per i pazienti. Da allora, tutti i prodotti farmaceutici e medici devono avere necessariamente una data di scadenza ufficiale per poter essere immessi sul mercato. Al fine di determinare la durata di conservazione di un nuovo medicinale, il suo produttore conduce studi di stabilità in condizioni ambientali specifiche.
Ultimamente, però, da più parti si è ipotizzato che la data di scadenza possa sottostimare notevolmente la durata di conservazione effettiva dei prodotti farmaceutici.
Cos’è la shelf life e in cosa differisce dalla data di scadenza
Il termine inglese “shelf life” applicato a un farmaco ha un significato leggermente diverso: indica il periodo di tempo durante cui un farmaco rimane sicuro per l’uso.
L’International Conference on Harmonization (ICH) definisce la shelf life, che potremmo tradurre forse impropriamente “durata di conservazione”, come il periodo di tempo in cui si prevede che un prodotto farmaceutico rimanga entro le specifiche dichiarate dal produttore, a condizione che sia conservato nelle condizioni definite dallo stesso produttore.
In questo senso, la durata di conservazione potrebbe superare la data di scadenza prevista sull’etichetta. Per tale motivo, il termine “data di scadenza” a volte è improprio: le date riportate sulle etichette dei farmaci sono il punto cronologico fino al quale le aziende farmaceutiche garantiscono la sicurezza del prodotto, ma non significa per forza che i farmaci non siano più efficaci immediatamente dopo la loro scadenza, bensì che non esistono dati o studi per dimostrare che potrebbero ancora essere utilizzati oltre quel punto. Infatti, se conservati e maneggiati correttamente, molti prodotti hanno un’efficacia elevata anche molto tempo dopo la loro data di scadenza.
Attenzione, però: nonostante sia vero che la corretta conservazione dei farmaci può aiutare ad estendere la loro durata, non tutti i classici luoghi quotidiani in cui vengono spesso tenuti i medicinali – il cassetto nel bagno, l’armadietto a muro, il cruscotto dell’auto – sono ideali per conservarli a lungo. I farmaci rimangono più stabili in spazi asciutti e freschi, lontano dalla luce e dalle alte temperature.
Per questo motivo, l’American Medical Association (AMA) ha recentemente concluso che la durata di conservazione effettiva di alcuni prodotti è maggiore di quella indicata dalle loro date di scadenza indicate sulle etichette.
Che cos’è lo SLEP
Alla fine degli anni ’80, la FDA e il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti (DoD), su richiesta dell’Aeronautica Militare, hanno esteso la data di scadenza di alcuni farmaci per risparmiare sui costi: è così stato creato per la prima volta lo Shelf Life Extension Program (SLEP).
Ogni anno, molti prodotti farmaceutici vengono selezionati e analizzati in lotti per determinare se la loro data di scadenza possa essere prorogata in modo sicuro. L’esperienza maturata sul campo ha dimostrato che la durata di conservazione effettiva di molti farmaci va ben oltre la data di scadenza originaria.
Non si ha ad oggi menzione di problemi o danni causati dall’uso di farmaci scaduti durante gli studi condotti dal programma: in alcuni casi, la FDA può quindi autorizzare l’uso d’emergenza di un prodotto scaduto, quando non ne è disponibile uno normale.
Studi sulla data di scadenza di un farmaco
Numerosi studi hanno dimostrato ulteriori prove della piena efficacia dei prodotti farmaceutici oltre la data di scadenza, a volte addirittura per decenni. Ad esempio, uno studio, già nel 1997, aveva determinato che quattro prodotti specifici, conservati correttamente, hanno mantenuto quasi in toto le rispettive proprietà farmacologiche da 18 fino a 170 mesi dopo le date di scadenza indicate sulle confezioni.
Un altro studio, riportato dal Journal of Pharmaceutical Sciences nel 2006, ha rilevato che due terzi dei 122 farmaci scaduti testati per l’efficacia erano ancora stabili e sicuri dopo la sadenza. Per alcuni di essi i ricercatori hanno prorogato la data di scadenza da uno a cinque anni, con una proroga media di 66 mesi.
Tuttavia, i 122 prodotti farmaceutici valutati da questo studio sono stati classificati in cinque gruppi sulla base dei dati sull’estensione della data di scadenza: i prodotti assegnati ai gruppi 1 e 2 sono stati tutti prorogati oltre la scadenza originaria, mentre quelli assegnati ai gruppi 3, 4 e 5 avevano alcuni lotti a cui è stata negata l’estensione.
Nello specifico l’88% dei lotti farmaceutici sono stati prorogati oltre la data di scadenza originaria per una media di 66 mesi. Di questi, il 35% hanno ottenuto una proroga media di 62 mesi; il 47% sono stati abbattuti dopo una proroga media di 70 mesi, e il 18% sono stati eliminati dopo una proroga media di 65 mesi. Di tutti i farmaci eliminati, nessun lotto è stato eliminato prima di 1 anno e ben 312 lotti hanno superato i 4 anni.
Sebbene la durata effettiva del prodotto sia ben oltre la data di scadenza, ciò non significa che tutti i farmaci abbiano questa caratteristica o che saranno stabili per un tempo indefinito.
Conclusioni
I dati disponibili supportano l’affermazione che molti prodotti farmaceutici possono essere assunti oltre la loro data di scadenza originaria, ma questo ulteriore periodo di stabilità è molto variabile. Inoltre, questa possibilità può essere riferita solo a prodotti che sono stati accuratamente conservati secondo le indicazioni del produttore.
Alcuni economisti ritengono che l’estensione della data di scadenza possa rappresentare una buona soluzione per dare una seconda vita a molti prodotti, per evitare la carenza di alcuni farmaci e per rendere i farmaci accessibili alle persone o i paesi a basso reddito. Infatti, allungare la vita efficace e sicura dei farmaci è anche un imperativo etico.
Comunque, ad oggi, la FDA statunitense raccomanda di non assumere mai farmaci scaduti poiché è considerato rischioso e presenta parecchie variabili sconosciute. L’antibiotico chiamato tetraciclina è un esempio calzante: sono stati pubblicati dei rapporti che collegano l’uso degradato di tetracicline con una forma di danno tubulare renale noto come “sindrome di Fanconi”.
Consigli utili
Le forme di dosaggio solide, come compresse e capsule, sembrano essere quelle più stabili dopo la data di scadenza. I farmaci che esistono in soluzione o come sospensione ricostituita e che richiedono refrigerazione (come la sospensione di amoxicillina) potrebbero invece non avere la potenza richiesta se utilizzati quando sono scaduti.
La perdita di potenza dei medicinali scaduti può costituire un grave problema di salute, soprattutto quando si tratta un’infezione con un antibiotico. Inoltre, con farmaci “subpotenti” – non tanto efficaci quanto dovrebbero essere in condizioni normali – può verificarsi una resistenza agli antibiotici.
I farmaci presenti in soluzione, soprattutto quelli iniettabili, devono essere eliminati se il prodotto forma un precipitato o appare torbido o scolorito. I farmaci liquidi come gocce o soluzioni per occhi o orecchie, liquidi orali o soluzioni topiche possono subire l’evaporazione dei solventi nel tempo, compromettendo dunque alcune delle sostanze stesse di cui sono composti.
In definitiva, sebbene in molti casi i farmaci scaduti possano ancora funzionare, si consiglia comunque di non assumerli. L’eventuale assunzione accidentale di un farmaco scaduto deve indurci a contattare subito un medico, per accertamenti e consigli, pur senza allarmismi.
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